Monte Bianco, la nuova funivia è l’ottava meraviglia del mondo

La nuova funivia del Monte Bianco ribattezzata “l’ottava meraviglia del mondo”, verrà inaugurata tra il 21 e il 26 giugno dal presidente del Consiglio Matteo Renzi. La sua realizzazione è un “successo del Made in Italy”: per realizzarla ci sono voluti 4 anni di lavori e 250 operai impegnati in 3 cantieri. La Regione Valle d’Aosta ha pubblicato un video promozionale.

 

Enroico Martinet de La Stampa racconta invece perché si tratta di un successo:

“Le facce d’un cristallo o lo sbocciare d’un fiore di metallo con i riflessi gelidi della neve, caldi del sole. È la stazione di approdo d’una funivia progettata per ricordarsi la sua natura di «ottava meraviglia del mondo», com’è ancora definita la funivia del Monte Bianco. Tracciato e soluzioni nuove lungo quella «via» di funi realizzata nel 1948, conclusa nel 1958 con l’ultimo trait-d’union con la Francia. Meraviglia tecnica di allora e di oggi, in un ambiente che è esplosione di bellezza: dai ghiacciai pensili venati di azzurro e verde, ai graniti rossi e gialli, sorti come lance da una terra in tempesta.

«Sono contento per la realizzazione e orgoglioso per il progetto in un contesto che è Natura maiuscola e simbolo-testimone della storia dell’alpinismo», dice l’architetto genovese Carlo Cillara Rossi, anche maestro di sci e alpinista. La funivia del Bianco è pronta. Le sue cabine rotanti come pianeti saranno inaugurate dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi in una data tra il 21 e il 26 giugno. E si comprende il perché della sua presenza dalle parole del progettista: «Un successo del made in Italy». Quattro anni di lavori, 250 operai in tre cantieri tra i 1.300 metri di Portal d’Entrèves (Courmayeur), i 2.172 della stazione intermedia del Pavillon e i 3.466 di Punta Helbronner, l’ultima prima di partire con le piccole cabine d’un tempo verso l’Aiguille du Midi e la valle di Chamonix. Due tronchi funiviari al posto dei tre, con una portata limite di tremila persone al giorno.

I «cugini» francesi da un lato sono felici del rilancio della funivia dei ghiacciai, dall’altro rosicano un po’. Questione di leadership: Chamonix l’hanno ribattezzata «capitale dell’alpinismo», oltre che aggiungerle il suffisso Mont-Blanc. Le «italiens» li hanno un po’ sorpresi: sendono 105 milioni, di cui almeno 70 (forse 80) dello Stato, il resto della Regione Valle d’Aosta. Il presidente Augusto Rollandin dice: «E’ un’opera per valorizzare la montagna, per farla conoscere anche a chi non può percorrerla. Era una funivia all’avanguardia della tecnologia, anzi antesignana, l’abbiamo riproposta con egual spirito».

L’assessore al Turismo Aurelio Marguerettaz: «Una funivia che offre un’avventura. Prima serviva soprattutto per raggiungere un luogo, adesso è anche offerta turistica, vale il viaggio anche dagli Stati Uniti». Le cabine rotanti e vetrate a 360 gradi hanno video che rimandano immagini del suolo riprese dalla telecamera sotto il pavimento e registrazioni di altri scorci della Valle d’Aosta. Il «made in Italy» è in tutto, dall’acciaio della struttura ai motori elettrici fino ai piloni e alle funi portanti e traenti. E al pool di progetto e di realizzazione.

«Efficace e puntuale pure la direzione lavori dell’ingegner Marco Petrella», dice il progettista. A Punta Helbronner, ai margini del grande manto candido del ghiacciaio del Gigante, porta della «Vallée Blanche», la stazione ha una struttura che ricorda un cristallo di quarzo. All’interno un museo offre la bellezza di quei «fiori» nel granito del Bianco e l’epopea dei cercatori. Il «cristallo» è appeso a un pilastro cavo alto 80 metri infilato nella montagna che ospita due ascensori e collega un tunnel pedonale di 150 metri fino al rifugio Torino, affacciato su Courmayeur. Al Pavillon una sala congressi indica la filosofia di attrazione turistica.

E la stazione di partenza è un’onda. Del mare? «No – risponde Cillara Rossi – è una forma che protegge dal soffio della valanga, lo indirizza in alto». Una sorta di mal di mare l’hanno patito gli operai all’inizio per lo sbalzo di altitudine. L’ingegner Sergio Ravet, capo della sicurezza: «Ho deciso la loro permanenza in quota e diviso il lavoro in turni da quattro squadre. La situazione si è così normalizzata»”.

(Fonte)

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