La non bufala dell’app Coop sulle origini dei prodotti alimentari

Ecco da dove vengono i prodotti Coop

Uno sforzo di trasparenza e correttezza per dichiarare e far capire ai consumatori che cosa arriva dall’Italia e cosa non può arrivare per i motivi più vari, a partire dalla scarsità di alcune materie prime del nostro Paese.

Era questo l’obiettivo della Coop quando ha lanciato “Origini Trasparenti”, la campagna consumerista per rendere disponibile in tempo reale, su cellulari e tablet, l’informazione relativa all’origine delle materie prime dei prodotti alimentari confezionati.

IL VIDEO E LE CRITICHE – “Origini Trasparenti”, unico esempio in Europa di questo tipo, è tornata alla ribalta in questi ultimi giorni, dopo che Max Bugani, consigliere del Movimento 5 Stelle al Comune di Bologna, ha realizzato un video, che oggi ha oltre 85mila visualizzazioni, in cui punta il dito contro l’iniziativa. Ripreso subito sul blog di Beppe Grillo, si intitola “La Coop sei tu?” e critica la provenienza non italiana di alcuni prodotti analizzati.

Bugani, infatti, invita a usare l’app per scoprire da dove vengono le materie prime dei prodotti Coop. Risultato? Tra ironia e disgusto, scopre che il succo di pompelmo viene da Cuba, i capperi da Marocco e Turchia, la camomilla da Croazia ed Egitto, l’olio di palma da Indonesia, Thailandia, Papua Nuova Guinea e Thailandia. Niente di strano per chi conosce la filiera agroalimentare. Ma il messaggio che accompagna, implicitamente o meno, questa prova video è che tutto questo sia scandaloso, seppur non manchino prodotti italiani, come pomodori, latte e farina.

LA REPLICA COOP – Mentre su Youtube e sui social si moltiplicano i commenti a sostegno dell’azienda, meritevole di avere realizzato uno strumento così utile per i consumatori, così come le critiche al video, accusato di ignorare completamente la realtà, dal canto suo la Coop risponde dalla sua pagina Facebook:

“Ciao a tutti sta girando un video ripreso anche dal blog di Beppe Grillo relativo all’App Origini che permette di verificare la provenienza delle materie prime prevalenti dei prodotti a marchio Coop. Il video manca però di tutta la spiegazione della campagna che il sito cooporigini.it spiega bene. Infatti il 60% delle materie prime utilizzate sono italiane così come lo sono il 90% dei fornitori. È altrettanto vero che pur previlegiando l’origine italiana, non tutto è producibile in Italia, per tanti motivi: disponibilità prodotti, stagionalità, ma anche qualità. Abbiamo quindi pensato fosse meglio comunque avere il coraggio di dire le cose come stanno, e cercare anche di spiegare il perché delle nostre scelte, in ottica di una massima trasparenza verso la gente. Una maggiore informazione avrebbe quindi evitato una lettura sbagliata della nostra campagna”.

UN ESEMPIO DA SEGUIRE – Lungi da noi voler santificare la Coop, che certamente guarderà anche alle sue tasche nella scelta delle materie prime, resta il fatto che “Origini Trasparenti” ci pare realmente un grosso passo in avanti e un esempio da seguire: su oltre 1400 prodotti di uso quotidiano fornisce l’indicazione dell’origine delle materie prime ripercorrendo a ritroso la filiera, dalla tavola al campo. Su richiesta, inoltre, è possibile ottenere informazioni anche su ingredienti minori.

Enrico Migliavacca, vicepresidente vicario di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori-Coop), in tempi non sospetti affermava:

“Per noi di Coop è doveroso mettere i consumatori nelle condizioni di scegliere responsabilmente e abbiamo ritenuto urgente fornire gli strumenti necessari per esercitare il diritto di scelta su una materia così delicata e al tempo stesso decisiva come appunto la provenienza delle materie prime”.

Coop ci dice che il 60% dei suoi prodotti alimentari sono fatti con materie prime di origine italiana. Una percentuale che sale ulteriormente se si escludono prodotti (tipo caffè e cacao) per le quali la materia prima è obbligatoriamente estera, perché non disponibile nel nostro paese.

“Ma l’informazione che spesso manca a tante persone è che, per tanti altri prodotti, che pure sarebbe possibile coltivare o produrre nel nostro paese, non siamo autosufficienti. Basti dire che in Italia produciamo solo il 38% del grano tenero di cui avremmo bisogno, col grano duro arriviamo al 65%, con le carni bovine siamo al 76%, e per il latte alimentare arriviamo ad appena il 44%. Ribaltando il punto di osservazione, le uniche filiere in cui siamo autosufficienti sono quelle del riso, del vino, della frutta fresca, del pomodoro e del pollo. Del resto dal 1970 ad oggi gli ettari di superficie coltivabile nel nostro paese si sono ridotti di 1/3, scendendo da 18 milioni a 13, mentre la popolazione, salita a 60 milioni, è cresciuta del 10%”.

A dirlo era l’azienda stessa nell’Ottobre 2013. Non serviva gridare allo scandalo per scoprirlo: bastava fare una breve ricerca sul sito dell’azienda. Ma ultimamente la caccia alle bufale, anche quando non esistono, sembra lo spot nazionale più praticato. Così, ci si ritrova a stupirsi del fatto che l’olio di palma venga dall’Indonesia o quello di girasole dall’Uruguay (“pure dall’Uruguay”…). L’unica strada per evitarlo sarebbe quella di darsi all’autoproduzione con prodotti locali e a Km zero.

(Fonte)

 

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